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20.11.2017: RIFLETTENDO SULLA GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI DELLE BAMBINE E DEI BAMBINI

20.11.2017: RIFLETTENDO SULLA GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI DELLE BAMBINE E DEI BAMBINI

La recente celebrazione della Giornata internazionale dei diritti dell’ infanzia e della adolescenza che ha visto ovunque eventi e mobilitazioni, ci ha indotto, quasi forzatamente a prendere atto, ancora una volta, di come l’adulto sia spesso incapace di garantire ai bambini una vita dignitosa e rispettosa dei loro bisogni, capace di ascoltare e dare voce alle loro emozioni. Un mondo quindi, non certo a misura di bambino in una società prevalentemente organizzata su un modello adultocentrico che, al di là delle tante, troppe belle parole, riconosce poco spazio ai diritti dei bambini che non possono essere lesi, violati e compressi. Mi verrebbe da dire una società in cui si fanno scelte continuamente reversibili, da cui si possa cioè tornare indietro, dove nelle relazioni affettive ciascuno vive secondo il proprio soggettivo bilancio di costi e benefici; in cui la responsabilità ha un orizzonte prevalentemente corto in termini di spazi e tempi sociali.

All’interno dell’universo infantile, i bambini in difficoltà (in Italia 1 su 8 vive in povertà assoluta, il 14% in più rispetto all’anno precedente, anche l’opulenta Vicenza non ne è immune..) rappresentano una polarità estrema la cui sofferenza inquieta, ferisce, chiede risposte efficaci che non possono essere aprioristicamente accantonate spesso unicamente sulla base di considerazioni finanziarie. Va da sé che la famiglia vive in un ambiente sociale sempre più rischioso anche se non è semplice capire quando essa sia in realtà vittima o attore del comportamento a rischio.Sono infatti aumentati in maniera esponenziale le situazioni di devianza minorile come risultato di un “disordine” intrafamiliare che si ripercuote nella confusione di ruoli, nella mancanza di modelli autorevoli di riferimento all’interno della famiglia e nella mancata soddisfazione dei bisogni affettivi e relazionali. Tanto più grave è la trascuratezza tanto più serio e profondo è il danno sul minore. Spesso nelle situazioni in carico ai servizi, ma non solo, nella relazione che il genitore ha con il figlio prevale la soddisfazione dei propri bisogni e non quelli del bambino. Pensiamo ad esempio alle separazioni conflittuali in cui il bambino rimane inevitabilmente intrappolato all’interno delle dinamiche della coppia, oppure alle situazioni legate alla dipendenza (alcol, droga) borderline, o alla famiglia monoparentale, alla deprivazione emotiva , alla miseria socio-economica, alla famiglia isolata senza reti di supporto, all’emarginazione sociale e molto altro. Sono problematiche a volte non così gravi da richiedere collocazioni etero-familiari del minore, ma che possono determinare nello stesso il rischio di una distorsione nello sviluppo della personalità. Sono bambini che sottoposti a un continuo stress psicologico, vivono in un clima di ansia e di incertezza interna che possono determinare reazioni di chiusura, di inibizione, oppure di rabbia, opposizione e rifiuto per cui si crea uno stile di rapporto con l’altro segnato da una dimensione di attacco e sfida. Tutto questo può comportare una compromissione più o meno grave nella sfera cognitivo-intellettiva; sono infatti bambini che fanno un’ enorme fatica ad avere delle energie libere da mettere a disposizione delle funzioni necessarie all’apprendimento: cioè attenzione, concentrazione, capacità di controllare la corporeità, la gestualità e la sfera emotiva in generale. Sono bambini portati all’agito, alla reazione impulsivo-aggressiva, spesso come conseguenza alla frustrazione. Sembrano fare di tutto per indurre gli adulti a rimproverarli, non sentendosi degni della stima e dell’affetto degli insegnanti e dei compagni.

La relazione con l’apprendimento proposto dalla scuola, è spesso ricca di conflitti, il successo o l’insuccesso scolastico marcano in modo indelebile il ruolo sociale dei ragazzi con ripercussioni sul sentimento del valore di sé. Al di là delle qualità personali di intuito ed empatia, gli insegnanti (e la scuola) ancora oggi stentano però a declinare le diverse sfaccettature del disagio manifestato dagli alunni. Per cui la carenza di competenze in quest’ambito, unito alla difficoltà di reperire un aiuto da parte dei servizi territoriali, costantemente “sotto assedio” per la complessità e molteplicità dei casi in carico, fanno sì che l’incontro con il ragazzo demotivato e problematico troppo spesso si traduca in insuccesso. Da questo, la necessità di costruire un percorso condiviso fra mondo della scuola, servizi, e terzo settore per accrescere la consapevolezza reciproca della peculiarità di ciascuna delle fasi del lavoro sociale pur nella cognizione dell’unicità personale del minore, per costruire un linguaggio comune e strutturare prassi operative condivise in ordine alla collaborazione e promozione di una “cultura della prevenzione.”. Sostanzialmente si tratta di dare al -tavolo di quartiere- la forma del “mosaico”, il senso del “sistema”, la dimensione della circolarità funzionale che le varie parti hanno con il tutto nella difficile composizione delle modalità e dei tempi di ciascuno.

Co-azione allora per esplorare procedure di intervento nuove che si intersecano su piani diversi, orientate alla definizione di accordi e progetti integrati tra le diverse componenti della realtà del territorio per l’ottimizzazione delle risorse e la costruzione/cura di una rete territoriale che rimanga nel tempo, oltre…. l’Ipab per i Minori.

Renata Minà – Vice Presidente IPAB per i Minori di Vicenza.